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Il Diario delle Molestie: Capitolo 7, Incastrata: il grande Gran Giurì

La giornalista Paulette Cooper, autrice del libro Lo Scandalo Scientology del 1972 (prima grande inchiesta giornalistica sul movimento dianetico), racconta le molestie subite dagli agenti dell'organizzazione di L. Ron Hubbard.

© Di Paulette Cooper, 1982. 
© Traduzione di Simonetta Po, primavera 1998.

[Quanto segue si riferisce interamente al secondo Gran Giurì. Al primo ero andata senza avvocato, ritenendo di essere stata invitata come esperta di Scientology, senza sapere che invece mi avevano incastrata ed ero in guai seri. Questa pagina è stata scritta intorno al 1982. Ho aggiunto alcuni paragrafi per agevolarne la lettura] 

Quando mi presentai al Gran Giurì, naturalmente ero terrorizzata. Io e i miei avvocati non avevamo idea di quali fossero le prove, anche se pensavamo potesse essere stata usata la mia macchina da scrivere [per le lettere minatorie che minacciavano attentati dinamitardi, che il direttore delle PR di Scientology di New York affermava di aver ricevuto]. 

Per l'intero pomeriggio, cercai in maniera disperata di rispondere sinceramente ad ogni domanda, ritenendo ingenuamente che se l'avessi fatto anche un idiota avrebbe intuito che ero innocente (pensavo inoltre che se avessi detto la verità non avrei mai potuto essere incriminata per falsa testimonianza). 

Per la prima volta vidi le lettere vere e proprie (la sera prima avevo esaminato delle fotocopie), e non parve di aver mai visto prima quel tipo di carta da lettera per posta aerea (mi chiesi anche perché fosse stato usato questo materiale per spedire una lettera da una parte all'altra di New York). [1] 

Continuarono a domandarmi se avessi mai visto quella carta (NO), se l'avessi toccata (NO), utilizzata per scrivere a macchina (NO), se avessi idea di chi l'avesse usata (Meisler) ecc. Per ore risposi sinceramente a tutte le domande, senza mai appellarmi al 5°  [si riferisce al Quinto Emendamento della Costituzione Americana: avvalersi della facoltà di non rispondere - NDT]. Tuttavia compresi di essere nei guai quando più tardi Gordon [l'assistente del Pubblico Ministero di questo caso] mi domandò il numero della previdenza sociale, se facevo uso di droghe, se mi rendevo conto di quanto stesse accadendo ecc. Poi si sporse verso di me e mi disse qualcosa tipo: "Bene... allora, potrebbe spiegarmi come mai sulla seconda lettera ci sono le sue impronte digitali?" 

Quasi collassai. Mi sentii come se un pianoforte a coda mi si fosse schiantato addosso, e la sala cominciò a vorticarmi intorno (praticamente svenni da seduta). 

Mantenni la compostezza esteriore, ma ero così impreparata a una cosa di questo genere che non riuscii in alcun modo a dare spiegazioni (successivamente mi pentii di non aver pensato che un'impronta su un pezzo di carta non è come quella sul pianoforte della scena del delitto. Un pezzo di carta può essere portato in giro, si possono facilmente ottenere delle impronte e poi scriverci sopra qualcosa). 

Invece cominciai ad esprimere i miei sospetti su Nibs [L. Ron Hubbard Jr., con cui avevo trascorso un mese a lavorare su alcuni scritti, circa sei mesi prima], e spiegai come egli avesse l'accesso al mio appartamento. 

Quella sera mi sentii molto sollevata, a dispetto della giornata faticosa, convinta che sarebbe andato tutto bene dal momento che avevo detto la verità in maniera così manifesta. Perciò il giorno seguente rimasi di sasso e orripilata quando Gordon dichiarò a Jay [il mio principale avvocato] che pensava stessi mentendo, e che sarei stata accusata di falsa testimonianza e per di inviato le due minacce di attentati dinamitardi. 

Gordon si offrì anche di lasciar cadere l'intero caso se fossi tornata davanti al Gran Giurì e avessi cambiato la mia testimonianza, e promise che tutto sarebbe stato sigillato e segregato per sempre [2]

 
 
 
Note del 1982

[1] Dopo il Gran Giurì avevo chiesto al telefono a Joy se avesse "carta da lettera per posta aerea bordata di blu e rosso", e mi aveva risposto di no. Purtroppo gliel'avevo descritta male. Non era bordata completamente, ma solo in parte, ed è per questo che si confuse. 

[non so se l'ho già detto, comunque Joy, una lontana cugina (la stessa che subì l'aggressione in quello che sembrava essere un attacco destinato a me), si era trasferita a New York dalla California qualche mese prima, e trascorreva le notti con il suo ragazzo (Bob U..., un avvocato), che viveva a qualche isolato di distanza. Per fare in modo che sua madre non venisse a sapere che dormiva con un uomo - tenete presente che eravamo nel 1972, quando certe cose erano mal viste - teneva un po' della sua roba a casa mia, e veniva ogni giorno da me, dopo il lavoro, per stare un po' insieme, telefonare a sua madre e scrivere ad alcuni amici in California (le telefonate erano costose e non esisteva Internet). Quindi usciva e passava il resto della notte a casa di Bob, il suo ragazzo. 

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[2] Ero contraria per ragioni morali (all'epoca credevo onestamente che mi fosse fisicamente impossibile mentire sotto giuramento davanti a un Gran Giurì), ed ero anche infuriata (perché diavolo dovevo mentire e ammettere un reato che non avevo commesso, e tutto per consentire al Governo di salvare la faccia per aver commesso un errore?) 

Bob [S..., all'epoca il mio ragazzo, avvocato] era contrario per ragioni pratiche. Mi fece notare che se avessi confermato di aver mandato lettere minatorie, anche se tutto fosse stato tenuto segreto, ogni volta che a New York ci fossero state minacce di bomba avrei avuto l'FBI alle calcagna. Per come si misero le cose, una volta messa in stato d'accusa questa cosa mi afflisse da allora fino al 1977. 

 
 
 
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